Il progetto è stato avviato su iniziativa dell’Associazione “MARLINTREMITI” che ha la sua sede operativa sull’Isola di San Domino (Isole Tremiti, FG) e che attraverso il “Laboratorio del mare”, promuove l’attività subacquea ricreativa e tecnica, tutela l’ambiente subacqueo e la Riserva Marina delle Isole Tremiti, salvaguarda la ricchezza dei beni archeologici subacquei, fa conoscere il paesaggio naturalistico sopra e sotto il mare per promuoverne la conservazione.
Il team è composto da esperti dell’attività subacquea che per buona parte dell’anno si dedicano al mondo marino e da giovani che si impegnano nell’apprendimento di questa disciplina in vista di un ipotetico impiego futuro. La sede, che si appoggia all’Hotel Eden, è il luogo dove si svolgono tutte le fasi necessarie a questo tipo di lavoro, dal caricamento delle bombole e preparazione minuziosa dell’attrezzatura in base alle esigenze del cliente, ai briefing pre e post immersione, fondamentali per una buona riuscita dell’esperienza subacquea e per una massima resa. La sede è anche il luogo dove il team pernotta, mangia e trascorre la maggior parte del tempo, e questo crea anche una collaborazione tra gli individui che va oltre al semplice rapporto di lavoro. Vi è oltretutto una sala dedicata appositamente allo studio di tutto ciò che riguarda il mondo marino, quindi la storia e la morfologia delle Isole Tremiti, le tecniche navali e dell’archeologia subacquea e la biologia marina. Tutto questo concorre al raggiungimento di una visione globale dell’ambito subacqueo e permette di avere una conoscenza e una preparazione completa a tal punto da godersi appieno l’esperienza.
Le attività sono cominciate il giorno 10/08/2017 con lo snorkeling, una visita guidata in alcune delle cale più suggestive delle Isole e un’accurata spiegazione dei loro fondali, attività che ha unito il divertimento alla bellezza di sapere di più sulla vita marina.
Questa esperienza è stata utile per anticipare ciò a cui mirava il progetto vero e proprio, che è cominciato a partire dai giorni seguenti con la prima immersione “introduttiva”. Le giornate sono state suddivise in modo da alternare lo studio teorico del manuale alle immersioni vere e proprie, con una continuità e un ritmo tale da ottenere in breve tempo il primo brevetto subacqueo, l’Open Water Diver. Le immersioni presupponevano una gestione autonoma dell’attrezzatura e la conseguente vestizione direttamente in gommone, mezzo con cui si raggiungono i punti di immersione. Prima di immergersi è necessario un briefing in cui vengono chiariti le tappe dell’immersione, la profondità massima, il tempo di fondo e i segnali convenzionali necessari per la comunicazione sott’acqua. Le prime immersioni hanno compreso diversi esercizi tecnici utili in casi di difficoltà o emergenza che ogni subacqueo deve conoscere, come ad esempio lo svuotamento della maschera, la perdita dell’erogatore e la condivisione dell’aria. Queste sono servite anche a prendere coscienza dell’importanza per un subacqueo di immergersi sempre in coppia e di accertarsi delle condizioni dell’altro oltre che delle proprie, in modo da ridurre al massimo gli eventuali rischi.
Un’altra esperienza interessante è stata la sperimentazione di alcune tecniche riguardanti un livello avanzato di subacquea, lo “stress and rescue”, non previsto nel programma ma che ha incrementato la preparazione complessiva fornendo delle conoscenze sul salvataggio di terzi in acqua e sulla gestione di situazioni stressanti e di emergenza.
Ogni immersione è diversa, in quanto varia nel percorso e nella profondità del fondale e questo ha consentito di testare vari livelli di difficoltà fino al conseguimento della specialità Deep Diving, importante anche per raggiungere il vero obiettivo del progetto: scendere fino a 33m sul “Relitto delle Piastre”.
Durante questo percorso sono intervenuti anche il Professor Giuli e la Professoressa Zamponi dell’Università di Camerino, con i quali si è discusso circa le modalità di procedimento dell’iniziativa e i passi da seguire per operare in modo metodico e preciso. Il lavoro ha previsto anche una ricerca storica che implicava la consultazione di archivi locali sulle attività navali del passato, poiché sarebbero stati determinanti per ottenere informazioni riguardo il relitto in questione. Per questo la ricerca si è spostata dall’Isola di San Domino direttamente all’Isola di San Nicola, antico centro politico e culturale dell’arcipelago. Lì purtroppo, né al municipio né alla sede parrocchiale è stato possibile rinvenire documenti di alcun tipo al riguardo, quindi questo tipo di ricerca è stato posticipato al rientro dal viaggio in altri luoghi che potrebbero essere correlati con il sito tremitese.
Il giorno 18/08/2017 si è svolta la prima immersione sul sito del “Relitto delle Piastre”, che è consistito in una perlustrazione generale del punto di immersione e una presa di coscienza della difficoltà che risiede nello svolgimento di operazioni di tipo archeologico in un ambiente subacqueo ad una certa profondità. Il sito archeologico è situato tra le Isole di San Domino e Caprara, a Nord di San Nicola, in mezzo al mare e privo di riferimenti, per questo per raggiungerlo è necessario l’utilizzo di un GPS e di coordinate ben precise. Il gommone non è ancorato, per questo per dare un riferimento ai subacquei durante le fasi di discesa e di risalita, viene gettato in mare un pedagno. Il relitto si trova ad una profondità di 33m ed è costituito da due cumoli di piastre da 4kg ciascuna in lega di rame e piombo, distanti 16m l’uno dall’altro. Nel medesimo sito sono presenti anche sette ancore d’ammiragliato, che hanno permesso di datare il relitto all’incirca intorno al 1700 e che per la loro dimensione, fanno supporre che la nave dovesse essere lunga all’incirca 40/50m. Oltre a questi elementi, sul sito sono presenti anche ceramiche di epoche differenti, tra cui un’anfora etrusca. La prima immersione sul sito è durata, come previsto, 35 minuti, di cui 15 di fondo e i restanti per la discesa e la risalita. In questo tipo di immersione è fondamentale mantenere l’assetto neutro, in modo da non corrompere l’aspetto e la morfologia del suolo.
In aggiunta a questo, alcune giornate sono state dedicate alla siglatura di alcuni reperti ritrovati in immersioni precedenti dal “MARLINTREMITI”; i reperti sono stati quindi fotografati e classificati in base alla loro misura, forma, colore e materiale.
Fondamentali per la riuscita del progetto sono stati dei collaboratori che hanno raggiunto l’Isola di San Domino dall’Università di Camerino, Aurora Capomasi e Andrea Castelli, rispettivamente diagnosta e geologo, i quali attraverso le loro conoscenze hanno permesso di fare progressi nel corso dell’indagine. Con loro infatti sono state fatte tre immersioni sul “Relitto delle Piastre”, che hanno suddiviso l’operazione in tre fasi differenti.
Ogni immersione è stata precedentemente pianificata, dando ad ogni subacqueo un compito ben preciso da svolgere una volta arrivato sul sito.
Nella prima immersione si è provveduto a dare una visione generale del sito ai due nuovi collaboratori e sono stati documentati tutti i reperti presenti sul luogo con fotografie e video; dalla seconda è iniziato il lavoro di archeologia vero e proprio, segnalando i reperti considerati più rilevanti con dei piombi numerati, che poi sarebbero stati prelevati nell’immersione successiva e prendendo le misure di una delle sette ancore presenti e del cumolo più grande, utilizzando una fettuccia metrica e una lavagnetta subacquea per appuntare le misure prese. Tra i reperti rinvenuti nella fase di ricerca, ve n’è in particolare uno più rilevante per la sua particolarità, in quanto si tratta di un frammento osseo umano (epifisi distale di un’ulna destra), che potrebbe fornire un ulteriore aiuto nella datazione del relitto. L’ultima immersione, la più impegnativa, ha richiesto una preparazione ancora più accurata per evitare più errori possibili e spreco di tempo prezioso. Inizialmente sono stati preparati degli elastici numerati da inserire nelle cinque piastre prescelte per essere portate in superficie e poi analizzate. Nella seconda fase dell’immersione ci si è dedicati alle ceramiche sparse in frammenti più o meno grandi nelle vicinanze delle piastre e infine all’attività di scavo vero e proprio, che consiste nello smuovere lo strato sabbioso spostando l’acqua con il movimento della mano. Infine sono stati prelevati importanti frammenti del legno dello scafo conservato sotto il sedimento, che attraverso il metodo del Carbonio-14, permetterà anch’esso di datare con precisione il relitto.
L’ultima fase di questo progetto ha avuto luogo subito dopo l’ultima immersione in cui si è svolta la catalogazione dei reperti riportati in superficie, attraverso lo stesso metodo utilizzato precedentemente.
In questo percorso sono state toccate tutte le fasi della ricerca archeologica subacquea, con l’aiuto di tecnici ed esperti del mestiere che sono riusciti a concretizzare il progetto e a renderlo reale ed efficace.